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Come funziona la valutazione del PTA in Unipd?

La valutazione è individuale e collettiva. La componente di valutazione collettiva si ottiene attraverso l’indagine di customer. Per il PTA senza incarichi di responsabilità pesa per il 30% ed è uguale per tutto il personale di una determinata struttura. La valutazione individuale viene fatta dal responsabile di primo livello (SD o Direttori di Ufficio dell’Amministrazione Centrale). Il Direttore di Dipartimento non può e non deve esercitare un ruolo nella valutazione del PTA, però ha il compito di valutare il SD, nonché il personale delle Scuole e dei Centri.

Nella valutazione SD/Capo Ufficio verso PTA, il rapporto è 1 a 1, cioè il capo valuta i “comportamenti” del sottoposto. La valutazione ha un impatto economico sul trattamento accessorio e un impatto nelle progressioni di carriera. È evidente il peso enorme che riveste la valutazione, poiché in assenza di un sistema di garanzia che funzioni, il potere del capo è assoluto.

Alcuni docenti ci hanno fatto notare che anch’essi vengono valutati dagli studenti per la didattica. C’è una differenza sostanziale, nella valutazione della didattica il rapporto è “uno a molti”, nella valutazione del PTA il rapporto è “1 a 1“.

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Come funziona il sistema dei ricorsi sulla valutazione in Unipd?

Nel caso in cui insorgano controversie sulla valutazione, il Personale Tecnico Amministrativo può presentare reclamo innanzi alla “Commissione di Garanzia per le contestazioni sulla valutazione”, che è così composta:

– Direttore Generale o suo delegato (dal 2017 il delegato è il Dirigente ARU);

– un componente esterno nominato dal Direttore Generale

– un componente designato dal CUG

La Commissione deve esperire un preliminare tentativo di conciliazione tra valutato e valutatore. Nel caso in cui il tentativo di conciliazione non vada a buon fine, la Commissione approfondisce l’istruttoria. Al termine dell’istruttoria, la Commissione o conferma la valutazione espressa dal valutatore, oppure formula un parere (non vincolante), completo delle proprie osservazioni, da inviare al valutatore al fine della revisione della scheda. Nell’ipotesi in cui il valutatore non si uniformi al suddetto parere, il diretto responsabile del valutatore avoca a sé la valutazione in oggetto. Nell’ipotesi in cui il diretto responsabile non si uniformi al parere, il ricorso è respinto.

La Parte Pubblica continua ad insistere che la Commissione deve avere solo carattere conciliativo, ma non vi può essere conciliazione se il valutatore è consapevole in partenza che la Commissione darà un parere non vincolante e che la decisione finale sarà comunque di sua esclusiva competenza. Il valutatore può rimanere fermo sulle sue posizioni facendo naufragare ogni conciliazione, ben sapendo che, in ogni caso, qualsiasi atto arbitrario non sarà in alcun modo sanzionato. In sostanza, in questo sistema, il potere del capo è assoluto.

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PEO per tutti, missione compiuta

Con l’accordo di contrattazione dell’11.02.2022 abbiamo definito le procedure PEO 2022. Siamo soddisfatti, la determinazione del nostro sindacato ha dato i suoi frutti. Con questa tornata PEO si chiude il ciclo triennale che consolida la progressione economica per tutto il personale tecnico amministrativo.

L’avevamo promesso nel 2018, per le elezioni RSU, e abbiamo mantenuto l’impegno. Lo SNALS non delude.

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Fondo Pensione Perseo Sirio – NO al silenzio assenso

In data 16 settembre all’ARAN (Agenzia per Rappresentanza delle Pubbliche Amministrazioni), è stato sottoscritto l’accordo che introduce l’istituto del “silenzio-assenso” per l’adesione al Fondo di previdenza complementare Perseo-Sirio, tramite la cessione al Fondo del TFR. L’accordo è stato sottoscritto da Cgil-Cisl-Uil e altre sigle sindacali della dirigenza.

La CONFSAL non ha firmato questo accordo poiché contraria all’iscrizione alla previdenza complementare tramite l’istituto del “silenzio-assenso” è perché protesa verso la gestione pubblica della previdenza.

In ogni caso, riteniamo che la scelta della previdenza complementare debba avvenire in modo volontario, informato e consapevole.

L’istituto del “silenzio-assenso”, previsto dall’accordo, si applica alle future assunzioni e a tutti gli assunti a decorrere dal 1/1/2019.

Per i colleghi nuovi assunti, vi è la possibilità di comunicare la propria non adesione, entro i tassativi termini previsti, altrimenti l’iscrizione al fondo diventa irrevocabile.

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Fallimento PEV

Il giorno 16 luglio 2021 abbiamo incontrato il personale in assemblea e discusso insieme di PEV. Vogliamo qui fare un resoconto di quanto è emerso, di quale sia lo stato d’animo delle persone. Ciò che riferiamo proviene dalla voce delle colleghe e dei colleghi, non c’è alcuna forzatura da parte nostra.

Chi si aspettava che le PEV fossero finalmente un’occasione di avanzamento, dopo molti anni di lavoro sottoinquadrato, non solo è rimasto deluso, ma è stato profondamente umiliato. Tutti hanno sottolineato che la procedura è stata gestita in modo pessimo e che ad essere mortificata è stata tutta la categoria del PTA.

Tralasciando le modifiche e le continue integrazioni al bando, che di per sé mettono in evidenza il carattere quasi “sperimentale” della procedura, in continuo assestamento, il dato sottolineato da tutti è che si è fallito sul punto fondamentale e cioè che queste progressioni hanno messo in evidenza la totale svalorizzazione del PTA, proprio nel momento in cui la corsa a Rettore/Rettrice portava all’attenzione dell’Ateneo l’importanza del personale tecnico amministrativo.

Le selezioni, o meglio i quiz, hanno premiato il caso, l’abilità  con i giochini da spiaggia o la fortuna.

Riportiamo qui le reazioni delle colleghe e colleghi:

“anni di lavoro buttati via”

“mi vergogno del mio lavoro”

“mi viene voglia di mollare tutto”

“lavoro da 20 anni ma non sono valsi a niente, zero. Non è valso nulla di tutta la mia carriera”

“la procedura fa acqua da tutte le parti, errori pacchiani da parte della ditta. Assurdità mettere 20 domande di soft skill che non misurano affatto le competenze”

“queste PEV sono state appaltate all’esterno per deresponsabilizzare la dirigenza interna sull’onere di dover valutare il PTA”

“ho partecipato a questa PEV per dare un giusto riconoscimento a quel che ho fatto in questi anni ma mi sono pentito e mi sento frustrato per le domande ridicole della selezione”

“è frustrante, ridicolo, 32 anni di lavoro buttati, spero quanto prima di andare in pensione”

“c’è una discrepanza forte fra il trattamento che viene imposto al PTA e come gestiscono la carriera dei docenti, cui vengono garantiti rispetto e risorse”

“dopo 20 anni che sono all’università, la cosa che mi fa stare peggio è che mi sta passando la voglia di lavorare”

“quando ho letto che nel bando c’erano le competenze trasversali, l’ho interpretato come argomenti che legavano tutti i profili, ad es. diritto amministrativo, privacy, trasparenza, non certo le soft skill”

“dopo tutto questo mi viene da reagire dicendo che se nel lavoro mi capiterà di avere un problema sarà meglio dire che ci pensi qualcun altro”

“i risultati dei test sono usciti in anticipo e questo ha fatto pensare che anche le domande circolassero prima della selezione”

“non si può fare una selezione con domande non oggettive, interpretabili”

“le conoscenze richieste nel bando erano talmente ampie e generiche da non poter essere contestualizzate”

“la percentuale di chi ha superato la prova nei vari profili indica che c’era una differenza tra i test. È assurdo che il profilo dei tecnici sia andato così male. La prova era evidentemente sbagliata”

“ho dedicato molto tempo per prepararmi, rinunciando al mio tempo personale e familiare. Poi mi ritrovo una selezione dove ci sono 20 domande di soft skill e quasi nulla sul mio lavoro. È un’umiliazione”

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Elezioni Rettrice Unipd

I dati evidenziano un profondo malessere del personale tecnico-amministrativo, che ha scelto di non dare il consenso alla Prof.ssa Mapelli, che rappresenta la continuità con il precedente rettorato, segno evidente che le politiche di gestione del personale, nei sei anni che ci lasciamo alle spalle, sono state fallimentari, nonostante l’imponente sforzo comunicativo profuso. Ci auguriamo che la nuova Rettrice sia lungimirante nel cogliere il messaggio che proviene dalla componente tecnico amministrativa, che costituisce il pilastro su cui regge la complessiva organizzazione dell’Ateneo e sia altresì dialogante con le parti sociali. Cambiare rotta è necessario, per non rischiare il collasso.

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Votare? Chi votare?

Abbiamo seguito con attenzione la campagna elettorale dei candidati rettore/rettrice. Al di là dell’inaccettabile voto ponderato che relega il PTA, numericamente parlando, a fare da comparsa, per la prima volta c’è stato un dibattito vero sui temi dell’organizzazione e del contesto lavorativo del personale. Un altro dato interessante è che ci sono ben quattro candidati, il che fa della corsa a rettore una gara interessante.

I temi che maggiormente ci interessano sono stati affrontati: investimento di risorse economiche, progressioni di carriera, maggiore democrazia nelle decisioni, un’organizzazione del lavoro meno asfissiante, benessere lavorativo, smart working, un sistema di valutazione che non sia mortificante e punitivo come quello attuale.

Il periodo del rettorato che si chiude, con l’attuale Direttore Generale, è stato un periodo molto difficile, nel quale le condizioni di lavoro del PTA sono perlopiù peggiorate. Sono stati sei anni di sostanziale incomunicabilità, verticismo, clima pesante e sfiducia. Un nuovo rettore dovrebbe portare una ventata di aria fresca, un’idea di Università diversa. Non bastano i potenti mezzi della comunicazione per convincere che vada tutto a gonfie vele, né mettere la polvere sotto il tappeto.

Votare? Chi votare? Quale candidato ci dà maggiori garanzie per un cambio di passo? Per il PTA è infatti fondamentale che ci sia discontinuità, pertanto chi si presenta nella continuità, non gode del nostro consenso. A questo proposito va sottolineato che la candidata Mapelli è l’unica a non aver chiesto di incontrare i sindacati e questo, al di là di ogni dichiarazione o riga di programma, appare come un segnale di sostanziale mancanza di dialogo, che sintetizza un’idea di rigida autosufficienza, in linea con quella continuità da cui veniamo (vedi anche la riconferma del Prorettore Vicario), che ha visto il confronto con le parti sociali un intralcio o un fastidioso adempimento.

Sarebbe il caso di voltare pagina.

Gli altri candidati ci sembrano proiettati ad immaginare un nuovo modello di istituzione. Ci piace l’idea di creatività, di rinascita, di visione del futuro e anche di fantasia. Sperando che alle parole seguano i fatti, noi saremo sempre qui, dalla parte del personale.

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Valorizzazione del PTA o Marketing Aziendale?

Valorizzazione del personale”. Lo sentiamo ripetere continuamente. Non c’è un Rettore o un Direttore Generale che non abbia speso fiumi di parole e d’inchiostro sulla “valorizzazione”. Peccato che molto spesso non si vada oltre al marketing. Cosa significa “valorizzare il PTA”, nel concreto?

Per fare le PEO abbiamo dovuto lottare due anni, uno scontro durissimo, perché la governance voleva le progressioni economiche per una quota molto limitata di personale (pochi eletti). Non parliamo dell’incremento del voto ponderato per l’elezione del Rettore, passato da 8% a 16%, un autentico salto di qualità; serviranno 6 PTA per fare un voto di un docente. Ci dovremmo sentire valorizzati?!

Dulcis in fundo, sono arrivate le Progressioni Economiche Verticali (PEV). Dopo quindici anni dalle ultime progressioni, il personale si aspettava una procedura che premiasse la professionalità acquisita, che desse un giusto riconoscimento a colleghe e colleghi in possesso dei titoli di studio, di professionalità ed esperienza di altissimo livello e che da anni sono bloccati e sotto inquadrati. Invece, uscito il bando, ci accorgiamo che l’anzianità di servizio e le competenze acquisite non valgono praticamente nulla. Per progredire è più importante sapere quanti sono i componenti del Senato Accademico, piuttosto che avere un’esperienza pluridecennale, oppure avere dottorato di ricerca, master e titoli che neanche i dirigenti possiedono.

Pochi posti e assegnati confusamente fra le aree, non si capisce con quale criterio, ma è evidente che si tratta di una procedura standardizzata, che penalizza i profili specialistici. Tutti dentro, sia che uno abbia 30 anni di servizio o che sia stato assunto l’altro ieri, a giocarsi un avanzamento di carriera attraverso una prova scritta, che non si sa ancora come verrà organizzata (test a crocette? domandine a trabocchetto?), a parte che sarà gestita da una ditta esterna, appositamente incaricata.

È bene chiarire che i sindacati non sono stati coinvolti in tutto questo: non essendo una materia di contrattazione, l’Ateneo ha agito unilateralmente, non recependo minimamente l’indicazione che avevamo dato, cioè di riconoscere un peso consistente all’anzianità di servizio, all’esperienza e alla professionalità acquisita.

Il risultato è quello che abbiamo sotto gli occhi. Ci dicono che 74 sono i posti massimi che si potevano mettere a disposizione, mentre in quest’ultimo quinquennio i docenti hanno avuto 640 progressioni dall’interno. La colpa, dicono, è del Ministero, che non destina fondi al PTA delle università, peccato che negli ultimi 10 anni abbiamo avuto 5 ministri rettori. Evidentemente alla componente accademica fa comodo “valorizzare a parole”, tanto poi le risorse vanno sempre a finire altrove.

Vediamo cosa saprà fare il/la nuovo/a rettore/rettrice, quale declinazione darà al termine oramai stucchevole di “valorizzazione”. Nel frattempo, avanti con queste PEV, sperando che sia solo un inizio e dal prossimo anno si possa parlare seriamente di progressioni di carriera.

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Welfare di Ateneo – Nuove risorse per il PTA

È arrivata finalmente la sottoscrizione dell’Accordo sul Welfare Integrativo di Ateneo. Una trattativa difficile, anche in questo caso, ma alla fine soddisfacente.

È prevalsa la linea del nostro sindacato, ovvero quella di ampliare le risorse welfare a favore di tutto il personale, conservando però, nel contempo, gli attuali regolamenti, quello sui Benefici Economici, che interviene sulle situazioni di particolare bisogno (disabilità, inclusione, spese odontoiatriche) e quello sui contributi per le famiglie con figli in età scolare, che l’Amministrazione voleva invece eliminare.

L’accordo prevede l’attivazione di un borsellino individuale, per tutti, che permetterà di utilizzare determinati servizi: voucher e buoni spesa, rimborsi per l’acquisto di abbonamenti ai mezzi di trasporto, rimborso degli interessi sui mutui e sui finanziamenti, scuola e istruzione.

L’entità del borsellino sarà modulata in base all’ISEE, maggiore per i redditi bassi, minore per i redditi elevati. La media è di circa 500 euro all’anno ma l’esatto ammontare individuale si avrà solo dopo la rilevazione reddituale del personale, in funzione del coefficiente di distribuzione che prevede che la fascia ISEE più bassa percepisca il doppio della fascia ISEE più alta.

Inoltre abbiamo stabilito che le risorse risparmiate per il mancato utilizzo dei buoni pasto nel corso del 2020, causa Covid, torneranno al personale, riservandoci di stabilire la destinazione attraverso un successivo accordo, non appena verrà quantificato l’ammontare preciso.

Volevamo maggiori risorse per gli interventi sulla famiglia e per le situazioni di svantaggio sociale, ma abbiamo trovato davvero una resistenza fortissima.

Portiamo a casa comunque un buon accordo a beneficio di tutto il personale.

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La sciagurata Autonomia Universitaria

In nessun paese al mondo l’Università è pagata da tutti i contribuenti ma è gestita da soli universitari, secondo un modello di assoluta autoreferenzialità, senza dover rendere conto né a chi finanzia gli atenei (lo Stato, il Ministero) né soprattutto ai portatori di interessi pubblici, ovvero gli studenti e le famiglie. Allo stato attuale, tutto il potere degli atenei, sia a livello di elezione delle cariche, sia a livello di reclutamento del personale, ha origine e fine nel corpo accademico che agisce quindi, attraverso i gruppi di potere locali e le varie lobby disciplinari, come il padrone assoluto dell’Università italiana, in modo del tutto deresponsabilizzato.

Nelle altre parti del mondo non è affatto così. Nei sistemi anglosassoni si è trovato un bilanciamento dei poteri interni ed esterni attraverso i “board of trustees”. In Francia il Rettore è un funzionario ministeriale con poteri di controllo sulla vita dell’Ateneo. Anche in Svezia, Olanda e Austria si è imboccata la strada opposta a quella italiana dell’autonomia universitaria, ci si è indirizzati verso la nomina politica (ministeriale o regionale) nella convinzione che l’Università, in quanto bene pubblico, non possa essere gestita dagli attori interni, in conflitto di interessi, ma debba essere organizzata per rappresentare gli interessi dell’intera società.

In una società avanzata il meccanismo di partecipazione alle decisioni della governance da parte dei lavoratori e delle lavoratrici è senz’altro interessante e va rinforzato, ma deve avere dei contrappesi per garantire decisioni responsabili e soprattutto deve essere un sistema realmente democratico, non un modello di predominio di una categoria di lavoratori sopra le altre

L’autonomia universitaria in Italia, lungi dall’essere interpretata nel senso originario di garanzia della libertà di ricerca e didattica, si è concretizzata in uno strumento di appropriazione, un mezzo per la riproduzione dei rapporti di potere interni, escludendo dalla partecipazione democratica tutte le componenti universitarie diverse dalla docenza, relegate a ruolo subalterno, prive di ogni possibilità reale di sviluppare e mettere a disposizione, attraverso un confronto paritario, le proprie intelligenze e la propria professionalità.

La ferrea sorveglianza del sistema baronale sull’intero sistema universitario, una sorta di inespugnabile fortino tragicamente arroccato in difesa, si ripercuote su ogni aspetto della vita universitaria, ad esempio sulla possibilità di avanzamento di carriera del personale tecnico amministrativo, vittima della predazione dei punti organico da parte dei direttori di dipartimento, con conseguente insoddisfazione, apatia e avversione per un’organizzazione che esclude e mortifica, infatti il PTA ha il tasso di mobilità in uscita verso altri comparti della pubblica amministrazione più alto di tutto il pubblico impiego.

È necessario intervenire sulle leggi che hanno sancito la sciagurata autonomia universitaria, per come la conosciamo oggi, dalla legge n. 168 del 1989 fino alla legge n. 240 del 2010, che ha dato vita a logiche sempre più corporative, localistiche e spartitorie.

In questi giorni, nella nostra Università, si discute della modifica del voto ponderato per l’elezione del Rettore da parte del personale tecnico amministrativo, dei ricercatori a TD e degli studenti. È una discussione surreale poiché finalizzata ad elargire qualche inutile punto percentuale aggiuntivo, avendo l’accortezza che tale modifica non metta in discussione l’ordine costituito. Un’imbarazzante gattopardesca perdita di tempo e di risorse pubbliche, di cui si conosce già l’esito e cioè che nulla deve cambiare.

Finché non ci sarà un’idea nuova, inclusiva e innovativa di università, si resterà sempre nell’alveo del feudalesimo e, dentro un sistema affamato ed irresponsabile come quello attuale, è più che giustificato e comprensibile, per coscienza civile, contenere l’aumento del finanziamento pubblico agli atenei.